Nel mio romanzo Corri a scuola durante il terrorismo, la protagonista Tilla Mellari si immerge nella memoria adolescenziale dei suoi quindici anni, come in un oltretomba, perché il '78 fu l'anno del sequestro Moro e lei ha saputo, come in un sibilo di morte, che in quell'anno in cui tutti furono terrorizzati, spiati, controllati, sequestrati, lei fu denunciata e spiata da una sua compagna di classe, Cecilia Corzi.
Avviene allora nel romanzo il capovolgimento del ruolo denunciante/denunciata e sospettante/sospettata. Tilla passa da sentimentale e proustiana, lettrice di infiniti romanzi e giornali, come si intuisce leggendo, a certosina investigatrice della memoria, raggiungendo una profondità di immersione degna di un campione olimpionico subacqueo e riporta alla luce non solo la verità sulla sua adolescenza, ma anche indizi precisi, che portano alla conoscenza della verità sul sequestro Moro, che spiazzeranno qualunque lettore. In lei agisce l'aver subìto la ferocia del sospetto volutamente occulto e potente, l'arma nucleare della guerra fredda.
Agisce come in un risveglio dal coma: quando arriva a ricordare suo padre, un onesto contadino che sta trapiantando le cipolline quando viene raggiunto dal carabiniere che gli lascia in mano una denuncia di una ragazza di quindici anni, Cecilia Corzi, che lo accusa di aver ucciso Aldo Moro, solo perché lui, pur essendo il genitore sconosciuto di una delle sue compagne di classe, è l'unico comunista di cui abbia sentito parlare.
Lì si spacca l'atomo. Quell'energia, dopo quaranta anni, Tilla Mellari la utilizza per il capovolgimento indagante/indagata, trasformandola in precisione certosina e glaciale razionalità nella ricostruzione, magistrale, del sequestro Moro. Un diamante. Degno di portare la firma di un vero magistrato. Infatti a tutti capita di pensare che la verità ufficiale sia tutta una bugia, ma pochi o nessuno sanno poi andare avanti nel capovolgimento di prospettiva, rileggendo i fatti “ut in speculum et in aenigmate”. E se anche era facile intuire che Cecilia Corzi fosse manipolata dagli adulti, per andare avanti nell'indagine su di essi, potenti quanto anonimi, sconosciuti al mondo, quanto padroni del mondo, non c'era altro da fare che indagare ogni insulsa parola uscita dalla bocca della loro figlia, nei cinque anni di scuola. E Tilla, che all'inizio non se ne ricorda neanche una e neanche si ricorda chi fosse quella sua invisibile nemica, si impone un esercizio di memoria così strenuo e sottile, da ripescare infine ogni atomo di vita e meditarne il significato e il peso nella sua indagine.
Peccato che solo in un romanzo possa avvenire il capovolgimento della trama e che, tanta precisione debba poi essere occultata da nomi fittizi, perché “il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera”, per usare le parole di Giacomo Leopardi, continua anche oggi, con le sue menzogne, le sue false indagini, a nascondere le sue guerre infernali. Ricordo che all'epoca le indagini avevano, per legge, una ed una sola direzione. Quella sbagliata, è ovvio...
Liana Maccari
L'autrice presenterà il libro in occasione della condivisione culturale a cerchio che si tiene in loc. Moje di Treia 34, alle ore 17.30 del 25 giugno 2022, durante l'incontro solstiziale organizzato a cura di Auser Treia in collaborazione con la Rete Bioregionale Italiana.
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