“… e come un vento / vai e vieni”
Come è bello calarsi nel paesaggio poetico di Andrea Biondi! I suoi versi liberi ci catturano. Sono una risacca che sferza ed accarezza. Ci offrono una melodia ricca di sviluppi sorprendenti che subito facciamo nostri. Il dettato così sobrio e cristallino ci dipana immagini splendide, forti, entusiasmanti che ci invitano subito a fare il punto con noi stessi, con la qualità delle nostre relazioni, col nostro rapporto con il mondo, la natura, la storia. Si legga ad esempio il canto 7. Toccante. Da rileggere e “incamerare”. Anche se tu non scrivi poesie, non puoi non immedesimarti in coloro che “una sera guardano il cielo / e una stella li trafigge: / piangendo amano la vita / come non mai”.
La poetica del cittadino di Treia dalle radici romagnole ci presenta quadri di vita sanguigni, f lash che ricordano gli spiazzanti kōan del buddismo zen (si veda fra gli altri il componimento 9.), considera- zioni esistenziali che ci provocano. La poesia 10., da cui abbiamo tratto il distico scelto come titolo di questa prefazione, richiama il pensiero “realista” del Qohelet, un libro affatto particolare del corpus biblico. Del resto il percorso poetico di Andrea è assolutamente interconnesso con la vita, abbraccia i corpi e le anime (inscindibili) e capta l’esile soffio dello Spirito, mai invadente, discreto, impalpabile (“Se la realtà è pesante / almeno lo spirito sia leggero…”, v. 6:) eppure potente, unificante, capace di valorizzare le differenze e di comporle in una incredibile armonia...
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